mercoledì 27 aprile 2016

La Repubblica di Cuba

Cuba
La Repubblica di Cuba è un arcipelago dei Caraibi, posto tra il mar dei Caraibi, il golfo del Messico e l'oceano Atlantico. Verso nord si trovano gli Stati Uniti e Bahamas, a ovest il Messico, a sud le isole Cayman e la Giamaica, e a sud-est Haiti.

Etimologia
Non si ha la certezza sull'origine del nome Cuba. Tra le ipotesi più accreditate il nome Cuba deriva dalla parola Taino cubanacán, che significa "un luogo centrale", secondo altri esso deriverebbe o da cubao, parola degli indigeni Taino, il cui significato è traducibile pressappoco con "dove si trova terreno fertile", o dalla contrazione di due parole Arawak: coa (luogo, terra, terreno) e bana (grande) con il significato quindi di "grande luogo". In realtà è noto a tutti che il nome gli fu dato da Cristoforo Colombo, il quale credeva di essere giunto non in un nuovo continente, ma attraversando l'Atlantico di essere giunto nell'Asia, precisamente a Cibao, la favolosa terra dell'oro, che identificò nell'isola oggi nota come Cuba, e tale chiamo al suo ritorno l'isola che nella tramandazione fu storpiata in "Cuba".

Storia
Fidel Castro
Il periodo precolombiano e la dominazione spagnola
Cuba era stata abitata da popolazioni amerindie note come Taino, Siboney e Guanajatabey i cui antenati arrivarono dall'America meridionale diversi secoli prima.

Dopo il primo arrivo su un'isola allora chiamata Guanahani, rinominata Bahamas il 12 ottobre 1492, Cristoforo Colombo comandò le sue tre navi: La Pinta, La Niña e la Santa Maria, di approdare sulla costa nord-orientale di Cuba il 28 ottobre 1492 (questo luogo era vicino a quello che oggi è Bariay, Provincia di Holguin). Colombo rivendicò l'isola per il nuovo Regno di Spagna e la chiamò Isla Juana in onore di Juan, Principe delle Asturie.

Nel 1511, il primo insediamento spagnolo fu fondato da Diego Velázquez de Cuéllar a Baracoa. Altre città seguirono, tra cui San Cristóbal de la Habana, fondata nel 1515, che più tardi divenne la capitale. I nativi Taino erano costretti a lavorare sotto il sistema della encomienda, che ha assomigliato a un sistema feudale nell'Europa medioevale. Entro un secolo le popolazioni indigene furono praticamente spazzate via a causa di molteplici fattori, principalmente malattie europee infettive, a cui non avevano nessuna resistenza naturale, aggravate dalle condizioni difficili della sottomissione coloniale repressiva. Nel 1529, un focolaio di morbillo ha ucciso due terzi di quei pochi nativi che in precedenza erano sopravvissuti al vaiolo.

Il 18 maggio del 1539, il conquistatore Hernando De Soto partì dall'Havana a capo di 600 seguaci in una vasta spedizione attraverso gli Stati Uniti sudorientali, a partire dalla Florida, in cerca di oro, tesoro, fama e potere. Il 1º settembre 1548, Gonzalo Perez de Angulo fu nominato governatore di Cuba. Arrivò a Santiago de Cuba il 4 novembre del 1549 e immediatamente dichiarò la libertà di tutti i nativi. Divenne il primo governatore permanente di Cuba a risiedere a L'Havana invece di Santiago, e costruì la prima chiesa dell'Havana, realizzata in muratura. Quando i francesi presero L'Havana nel 1555, il figlio del governatore, Francisco de Angulo, se ne andò in Messico.

Cuba si è sviluppata lentamente e, a differenza delle isole di piantagione dei Caraibi, aveva un'agricoltura diversificata. Ma cosa più importante era che la colonia era sviluppata come una società urbanizzata che principalmente sosteneva l'impero coloniale spagnolo. Dalla metà del XVIII secolo, i suoi coloni avevano 50.000 schiavi, rispetto ai 60.000 delle Barbados; 300.000 della Virginia, entrambi colonie britanniche; e i 450.000 della colonia francese di Santo Domingo, che avevano piantagioni di canna da zucchero su vasta scala.

Con la guerra dei sette anni, scoppiata nel 1754 in tre continenti, parte del conflitto arrivò nei Caraibi spagnoli. L'alleanza della Spagna con i francesi li pose in diretto conflitto con i britannici e nel 1762 una spedizione britannica di cinque navi da guerra e 4.000 uomini partì da Portsmouth per catturare Cuba.
Gli inglesi arrivarono il 6 giugno e in agosto avevano L'Havana sotto assedio. Quando L'Havana si arrese, l'ammiraglio della flotta britannica, George Keppel, entrò in città come nuovo governatore e prese il controllo della parte occidentale dell'isola.

I britannici si aprono immediatamente il commercio con le loro colonie in Nord America e nei Caraibi, causando una rapida trasformazione della società cubana. Vennero importati cibo, cavalli e altre merci nelle città, come pure migliaia di schiavi dall'Africa occidentale per lavorare nelle piantagioni di zucchero sviluppate.
Trinidad, dal 1988 Patrimonio dell'umanità.

Anche se per L'Havana, che era diventata la terza città delle Americhe, l'obbiettivo era quello di entrare in un'era di sviluppo sostenuto da crescenti legami con il Nord America durante questo periodo, l'occupazione britannica della città ebbe vita breve. La pressione dei commercianti di zucchero di Londra, temendo un calo dei prezzi dello zucchero, forzarono i negoziati con gli spagnoli sui territori coloniali. Meno di un anno dopo che la Gran Bretagna si riprese L'Havana, firmò la pace di Parigi insieme con Francia e Spagna, terminando la guerra dei sette anni. Il trattato dette alla Gran Bretagna la Florida in cambio di Cuba. I francesi avevano consigliato alla Spagna di rinunciare alla Florida, altrimenti avrebbe potuto perdere gran parte del continente americano del sud e il Messico a favore dei britannici. Molti in Gran Bretagna rimasero delusi, credendo che la Florida fosse un povero ritorno in confronto ai guadagni di Cuba e delle altre colonie durante la guerra.

Il vero motore della crescita del commercio di Cuba nella fine del Settecento e l'inizio del XIX secolo è stata la rivoluzione haitiana. Quando i popoli schiavi di ciò che erano stata la colonia più ricca dei Caraibi si liberarono attraverso una rivolta violenta, gli agricoltori cubani percepirono le mutevoli circostanze della regione con un senso di paura e di opportunità. Avevano paura a causa della possibilità che schiavi potessero rivoltarsi anche a Cuba, troppi e numerosi divieti durante il 1790 sulla vendita di schiavi a Cuba, che in precedenza erano stati schiavi nelle colonie francesi, sottolinearono questa ansia. Gli agricoltori vista l'opportunità, tuttavia, pensarono che si sarebbe potuto sfruttare la situazione trasformando Cuba nella società schiavista e produttrice di zucchero col nome di "perla delle Antille" che era stato di Haiti prima della rivoluzione. Come scrisse lo storico Ada Ferrer, "a un livello base, la liberazione di Santo Domingo ha aiutato a radicare la sua negazione a Cuba. Come la schiavitù e il colonialismo è sprofondato nella colonia francese, l'isola spagnola subì trasformazioni che erano quasi speculari a quelle di Haiti". Le stime suggeriscono che tra il 1790 e il 1820 325.000 africani furono importati a Cuba come schiavi, quattro volte il numero di quelli relativi al periodo tra il 1760 e il 1790.

Anche se una piccola parte della popolazione di Cuba era schiava, alcuni schiavi provarono a rivoltarsi. Nel 1812 ha avuto luogo la rivolta degli schiavi di Aponte, ma venne subito sedata.

La popolazione cubana nel 1817 era di 630.980 persone, di cui 291.021 erano bianchi, 115.691 persone libere di colore e 224.268 schiavi neri. Questa è stata una proporzione molto maggiore di quella dei neri schiavi in Virginia, per esempio, o nelle altre isole dei Caraibi. Storici come lo svedese Magnus Mõrner, che ha studiato la schiavitù in America Latina, trovano che alla manomissione degli schiavi aumentava quando l'economia degli schiavi erano in declino, come nel 18° secolo.

In parte a causa di cubani schiavi che lavoravano principalmente nelle zone urbanizzate, nel XIX secolo, avevano sviluppato la pratica del coartacion, o "acquistare sé stessi per ottenere la libertà", uno "sviluppo unicamente cubano" secondo lo storico Herbert S. Klein. A causa di una carenza di forza lavoro bianco, i neri dominavano le industrie urbane "a tal punto che, quando i bianchi in gran numero, arrivarono a Cuba a metà Ottocento, non erano in grado di spostare i lavoratori negri." Un sistema di agricoltura diversificata, con piccole aziende agricole e meno schiavi, servì a rifornire le città con prodotti e altre merci.

Nel 1820, quando il resto dell'Impero spagnolo in America Latina si ribellò e si formarono degli stati indipendenti, Cuba rimase fedele. La sua economia si basava nel servire l'Impero. Nel 1860, Cuba aveva 213.167 persone libere di colore, 39% della sua popolazione non-bianchi di 550.000. Per contro, la Virginia con circa lo stesso numero di neri, aveva solo 58.042 cioè 11% che erano liberi; il resto erano schiavizzati. Negli anni anteguerra, la Virginia scoraggiato alla manomissione degli schiavi dopo il Nat Turner Ribellione Slave del 1831 rafforzò le restrizioni contro i neri liberi, come fecero altri Stati del sud. Inoltre, c'era una forte domanda di schiavi, gli agricoltori della Virginia ne vendettero molti nel commercio degli schiavi domestico interno, venendo spediti via terra verso il profondo sud, che aveva notevolmente ampliato la sua produzione di cotone.

A poco a poco cominciò a crearsi nella borghesia cubana l'insofferenza verso il governo spagnolo e il desiderio di una maggiore autonomia; si ebbero così alla fine dell'Ottocento le due cosiddette "guerre di indipendenza", che furono insurrezioni popolari armate. Nella seconda morì in combattimento il "padre della patria", José Martí.

L'indipendenza e il protettorato statunitense
Dopo la guerra ispano-americana, Spagna e Stati Uniti firmarono il trattato di Parigi (1898), con il quale Spagna cedette Puerto Rico, Guam e Filippine agli Stati Uniti per la somma di $ 20 milioni. Cuba ottenne l'indipendenza formale dagli Stati Uniti il 20 maggio 1902, come la Repubblica di Cuba. Sotto la nuova costituzione cubana, gli Stati Uniti mantennero il diritto di intervenire negli affari cubani e sorvegliare le sue finanze e le relazioni con l'estero. Con l'emendamento Platt, gli Stati Uniti affittarono la base navale di Guantanamo Bay da Cuba.

A seguito di elezioni contestate nel 1906, il primo Presidente, Tomás Estrada Palma, affrontò una rivolta armata di veterani di guerra di indipendenza che sconfissero le scarse forze di governo. Gli Stati Uniti intervennero occupando Cuba e nominarono Charles Edward Magoon come governatore per tre anni. Gli storici cubani hanno attribuito al Governatorato di Magoon di aver introdotto la corruzione politica e sociale. Nel 1908, l'autogoverno fu ristabilito quando José Miguel Gómez venne eletto Presidente, ma gli Stati Uniti continuarono a intervenire negli affari cubani. Nel 1912, il Partido Independiente de Color tentò di stabilire una Repubblica nera separata nella provincia di Oriente, ma fu soppressa dal General Monteagudo con notevole spargimento di sangue.

Nel 1924, Gerardo Machado fu eletto Presidente. Durante la sua amministrazione, vi fu un aumento del turismo contrassegnato dalla costruzione di ristoranti e alberghi di proprietà americana per accogliere l'afflusso di turisti. Il boom turistico condusse all'aumento del gioco d'azzardo e della prostituzione. Il crollo di Wall Street del 1929 condusse il prezzo dello zucchero a precipitare, disordini politici e repressione. Una protesta di studenti, conosciuti come la generazione del 1930, voltato alla violenza in opposizione il Machado sempre più impopolare. Uno sciopero generale (in cui il partito comunista si schierò con Machado), rivolte fra gli operai di zucchero e una rivolta armata costretto Machado in esilio nell'agosto 1933. Fu sostituito da Carlos Manuel de Céspedes y Quesada.

Nel settembre 1933 una rivolta di sergenti, capeggiata da sergente Fulgencio Batista, rovesciò Cespedes. Un comitato esecutivo di cinque membri (la Pentarchia del 1933) fu scelto come capo di un governo provvisorio. Ramon Grau San Martin fu poi nominato Presidente provvisorio. Grau si dimise nel 1934, lasciando la strada libera per Batista, che ha dominato la politica cubana per i successivi 25 anni, in primo luogo attraverso una serie di presidenti fantoccio. Il periodo dal 1933 al 1937 fu un periodo di "quasi incessante guerra sociale e politica".
Nel 1940 fu adottata una nuova costituzione, con idee progressiste radicali, compreso il diritto del lavoro e l'assistenza sanitaria. Batista è stato eletto presidente nello stesso anno, tenendo la carica fino al 1944. Finora è il solo cubano non bianco ad ottenere la più alta carica politica della nazione. Il suo governo effettuò importanti riforme sociali. Diversi membri del partito comunista ottennero incarichi sotto la sua amministrazione. Forze armate cubane non furono notevolmente coinvolte in combattimento durante la seconda guerra mondiale, anche se il Presidente Batista suggerì un'alleanza tra US e Latino America per effettuare un assalto contro Franco in Spagna al fine di rovesciare il suo regime autoritario.

Le critiche della Costituzione del 1940 impedirono la rielezione di Batista. Ramon Grau San Martin fu il vincitore delle elezioni successive, nel 1944. Grau corrose ulteriormente la base della legittimità del sistema politico cubano, già barcollante, in particolar modo minando l'assai imperfetto, anche se non completamente inefficace, Congresso e Corte suprema. Carlos Prío Socarrás, un pupillo di Grau, diventò presidente nel 1948. I due termini del partito Auténtico ha visto un afflusso di investimenti che ha alimentato un boom e alzato gli standard di vita per tutti i segmenti della società e ha creato una prospera classe media nelle zone più urbane.

Dopo essersi candidato con esito negativo per la presidenza nel 1952, Batista, mise in scena un colpo di stato. Proclamò illegale il partito comunista cubano nel 1952. Cuba ha avuto i più alti tassi di consumo pro capite dell'America Latina di carne, verdure, cereali, automobili, telefoni e radio, anche se circa un terzo della popolazione era considerato povero e apprezzava relativamente poco di questo consumo.

Nel 1958, Cuba era un paese relativamente ben avanzato per gli standard dell'America Latina e in alcuni casi per gli standard mondiali.[senza fonte] D'altra parte, Cuba fu però influenzata da forse il più grande sindacato dei lavoratori in America Latina, compreso il divieto di licenziamento e la meccanizzazione. Sono stati ottenuti in larga misura "al costo dei disoccupati e dei contadini", comportando grosse differenze. Tra il 1933 e il 1958, Cuba pose enormi regolazioni economiche, causando problemi economici. La disoccupazione diventò un problema, i laureati entrando nella forza lavoro non riuscivano a trovare posti di lavoro. La classe media, che era paragonabile a quella degli Stati Uniti, divenne sempre più insoddisfatta di disoccupazione e persecuzione politica. I sindacati di lavoro supportarono Batista fino alla fine. Batista resistette al potere fino a quando fu costretto all'esilio nel dicembre 1958.

La rivoluzione e la presidenza di Fidel Castro
Che Guevara e Fidel Castro nel 1961
Nel 1950, varie organizzazioni, tra cui alcuni sostenendo rivolte armate, hanno lottato per ottenere un cambiamento politico.

Dopo un tentativo di insurrezione fallito e un periodo di reclusione, l'avvocato Fidel Castro riorganizzò dal Messico la lotta contro la dittatura insieme ad alcuni volontari, tra cui il medico argentino Ernesto Guevara de La Serna, detto 'Che', e l'italiano Gino Donè Paro, detto 'el Italiano'. La rivoluzione cominciò con la spedizione di 82 persone che, sbarcate sull'isola, affrontarono l'esercito e ripiegarono sui monti della Sierra Maestra per un periodo iniziale di lotta durante il quale cercarono e ottennero il consenso tra la popolazione. Questo permise la costituzione di un piccolo esercito popolare che affrontò quello nazionale attraversando tutta l'isola, fino alla decisiva battaglia di Santa Clara, il 30 dicembre del 1958. La notte di capodanno del 1959 Fulgencio Batista si dette alla fuga trafugando denaro delle riserve nazionali; il 1º gennaio 1959 le colonne ribelli si diressero alla capitale senza incontrare alcuna resistenza e l'8 gennaio Fidel Castro e i barbudos entrarono trionfanti all'Avana.

Verso la fine del 1958 i ribelli avevano conquistato la Sierra Maestra e lanciato un'insurrezione popolare generale. Il 1º gennaio 1959, Dopo che combattenti di Castro ebbero catturato Santa Clara, Batista fuggì con la sua famiglia in Repubblica Dominicana Successivamente andò in esilio sull'isola portoghese di Madeira e infine si stabilì a Estoril, vicino a Lisbona. Le forze di Fidel entrarono nella capitale il giorno 8 gennaio 1959. Il liberale Manuel Urrutia Lleó divenne presidente provvisorio.

lunedì 25 aprile 2016

Tunisia - ondata polemiche in tv e sui social media sui gay

Tunisia - ondata polemiche in TV e sui social media sui gay
Dopo affermazioni noto attore, 'omosessualità è malattia'
24 APRILE, 15:22

Condannare una Persona, un Uomo che Ama,
equivale a condannare se stessi.
(ANSAmed) - TUNISI, 24 APR - Nuovo dibattito e relativa ondata di polemiche in televisione e sui social media in Tunisia sul tema dell'omosessualità. Tutto è scaturito dalle dichiarazioni su una TV privata del noto attore locale Ahmed Landolsi (Ahmed Landolsi: Je suis contre l'homosexualité  أحمد الأندلسي : أنا ضد المثلية الجنسية ),  che ha qualificato
l'omosessualità al tempo stesso malattia e peccato.


De Kairouan à Tunis, Sarah est allée à la rencontre de ceux qui sont aujourd’hui les parias du pays : les homosexuels subissent en ce moment en Tunisie humiliations,
agressions et poursuites judiciaires.
L’article 230 du code pénal, qui date de l’époque coloniale, rend toujours passible de trois ans d’emprisonnement les personnes « pratiquant la sodomie et le lesbianisme » et les responsables d’Ennahda, le parti islamiste membre de du gouvernement s’attache à faire désormais respecter cet loi ! Une association, Shams tente de leur venir en aide. Elle est désormais menacée de dissolution par les autorités

sabato 23 aprile 2016

Pensioni, sempre più grande il divario tra ricchi e poveri. E una generazione è perduta

Pensioni, sempre più grande il divario tra ricchi e poveri. E una generazione è perduta.
"Dal 2001 sono stata la voce che è aumentata di più, andando a occupare una parte sempre maggiore della spesa pubblica. Un enorme trasferimento di soldi dai più poveri, soprattutto i giovani millennial sotto i 35 anni, ai più ricchi".

INPS: la tua pensione di domani... forse

L'Italia non ha neppure fatto in tempo a uscire dalla recessione – per qualche decimale, s'intende – che già la politica si avventa sui pochi soldi in più disponibili. Prima lo stesso Renzi, poi – più possibilista – il ministro dell'economia Padoan, e ancora il sottosegretario Nannicini.

L'oggetto del desiderio è comune: le pensioni, e più esattamente la possibilità di pre-pensionarsi rispetto ai termini attuali previsti dalla legge. Costo stimato: fra 5 e 7 miliardi di euro, da devolvere a chi beneficerà di questa agevolazione.
Per capire se si tratta di una buona idea o meno conviene intanto dare un'occhiata a quanto l'Italia spende in pensioni, sia di per sé che rispetto al resto d'Europa. Secondo i dati Eurostat questa voce (che non include le pensioni assistenziali) è da tempo la singola e maggiore spesa del bilancio pubblico, e per ogni 100 euro prodotti sull'intero territorio nazionale 14 vengono destinati proprio alle pensioni.

Dal 2001 le pensioni sono state anche la voce che è aumentata di più, andando a occupare una parte sempre maggiore della spesa pubblica. Il denaro che lo stato ha a disposizione però è tutt'altro che infinito, soprattutto in tempi di crisi, dunque bisogna fare delle scelte e stabilire quali sono le priorità. Così altri servizi pubblici sono da tempo costretti a convivere con poche risorse o addirittura – è il caso dell'istruzione – a subire tagli dolorosi.
Nonostante le numerose riforme, dopo la Grecia l'Italia è il paese europeo che devolve alle pensioni la fetta maggiore delle proprie risorse. Certo questo, in qualche misura, dipende dal fatto che il nostro è un paese molto anziano.

Ma conta parecchio anche la generosità del sistema pensionistico che per anni ha consentito a tantissime persone di lasciare il lavoro in estremo anticipo, per poi ricevere un vitalizio assai superiore rispetto ai contributi versati durante la propria vita lavorativa.
Quanto siano sbilanciate, le pensioni italiane, lo si capisce per esempio facendo un confronto con la Germania. Lì le persone che hanno più di 65 anni sono appena meno che in Italia, eppure la spesa pensionistica assorbe circa 9 euro ogni 100 prodotti in un anno contro i nostri 14. E non che gli anziani tedeschi stiano male, anzi: il loro tasso di povertà è persino inferiore a quello dei nostri conterranei.

Ma il problema cruciale è che, in sostanza, il sistema attuale consiste in un enorme trasferimento di soldi dai più poveri – in particolare i giovani millennial sotto i 35 anni – ai più ricchi. Il denaro per le pensioni arriva dai contributi sociali versati dai lavoratori: chi oggi è occupato non riceve il proprio reddito lordo ma una quota inferiore che, in parte, viene girata ai pensionati.
Allo stesso modo gli occupati del futuro pagheranno – si presume – la pensione ai giovani di oggi. C'è però una differenza importante: le generazioni più anziane sono andate in pensione con il vecchio sistema retributivo, secondo il quale quanto si riceve dipende soltanto dal proprio stipendio a fine carriera, a prescindere dai contributi pagati.

Si tratta di pensioni che, secondo i calcoli pubblicati su lavoce.info da Michele Belloni e Flavia Coda, consentono ad alcuni gruppi di persone di ricevere anche il triplo rispetto a quanto si è versato.I soldi però non crescono sugli alberi neppure per le casse pubbliche, naturalmente, e così lo stato è costretto a girare all'INPS diversi miliardi ogni anno proprio proprio per colmare la differenza.
Si tratta, a tutti gli effetti, di un sussidio verso le persone che sono già andate in pensione. Sussidio pagato – fra gli altri – dalle tasse e dai pesantissimi contributi previdenziali a carico dei giovani che oggi lavorano, e che però quei benefici non li vedranno mai.
Sfortuna vuole, infatti, che a chi ha cominciato a lavorare dopo il 1995 è stato invece riservato il sistema contributivo, secondo il quale si riceve quanto si è versato: non un centesimo di più.

Ma per giustificare un trasferimento di denaro da una categoria all'altra bisogna almeno – per un'elementare questione di giustizia socialedimostrare che è chi sta peggio a ricevere i soldi. Altrimenti sarebbe la versione inversa di Robin Hood.
Eppure, secondo le statistiche raccolte dalla Banca d'Italia, sono proprio i trentenni il gruppo sociale ad aver pagato il conto più salato – e persino da prima che cominciasse la crisi. Innanzi tutto se contiamo quanto guadagnano: tanto che il reddito relativo degli under 35 non fa che calare dal 1995, e nel 2012 raggiunge il minimo storico.

Viceversa, lo stato sociale ha protetto il reddito di chi ha più di 55 anni. Così, nel tempo, il modo in cui la torta degli stipendi viene divisa fra gli italiani è cambiato in modo radicale: oggi la fetta più grande va di gran lunga alle generazioni più mature mentre in passato la differenza era assai minore.
Se poi guardiamo alla ricchezza l'aumento della disuguaglianza è ancora più forte.
Rispetto al 2008, dove il “capofamiglia ha fra 35 e 44 anni la ricchezza è diminuita di oltre 45mila euro, mentre per chi ha meno di 35 anni si è praticamente dimezzata.

L'unico gruppo per cui è rimasta immutata, in effetti, è proprio quello degli over 65. Né si può dire che, per esempio, tanto poi i genitori o i nonni comprano la casa ai figli, quindi comunque il problema non si pone. In primo luogo perché per chi ha meno di 35 anni il valore mediano degli immobili posseduti ha raggiunto nel 2012 un tondo e poco consolante 0 euro – anch'esso in calo – quindi di queste case nei numeri non se ne vede traccia.
Ma anche se fosse, è difficile capire perché i giovani non debbano essere messi in condizione di farsi strada da solicome succede nel resto del mondo, come del resto è stato per i loro genitori – piuttosto che dipendere per sempre dalla paghetta della famiglia.

Il senso dell'intervento, nelle intenzioni di chi lo propone, sarebbe quello di far andare in pensioni prima lavoratori anziani così da “fare spazio” a quelli più giovani, per i quali il problema del lavoro resta pesantissimo – quella che viene chiamata di solito “staffetta generazionale”.
Tuttavia non c'è alcuna prova che far lavorare meno gli uni porti vantaggi agli altri. Semmai pare vero l'opposto: in Europa dove c'è più lavoro per le generazioni precedenti anche i giovani hanno maggiori opportunità. In piccolo lo si vede anche in Italia.

Nel 2014, in Sicilia, fra le persone fra 55 e 64 anni lavora soltanto poco più di una su tre.Una pacchia per i giovani, allora? Non esattamente, anzi si tratta della regione con il tasso di occupazione minore per i 15-24enni.
Il contrario succede a Bolzano, dove invece oltre la metà dei lavoratori “maturi” è ancora occupata e, allo stesso tempo, i giovani lavorano più spesso che in qualunque altra regione italiana.

In generale, ovunque si cerchi in Europa, va sempre così. Che sia in Germania o nel Regno Unito, oppure c'è il caso opposto della Spagna – altro paese dove i 55-64enni che lavorano tendono a essere pochi, e che soffre anch'essa di un grave problema di occupazione per i giovani.
Cosa fare, allora? Un suggerimento arriva da Tito Boeri, accademico e presidente dell'INPS.
Prima di cambiare misteriosamente opinione – oggi è anche lui fra chi propone la staffetta generazionalescriveva che “la sostituibilità tra lavoratori giovani e anziani proprio non esiste. Sarebbe dunque utile abbandonare questa logica.

L’aumento dell’occupazione giovanile, così come quella degli anziani e delle donne (le tre categorie nelle quali l’Italia è in fondo alla classifica), passa per una riduzione del dualismo sul mercato del lavoro, della pressione fiscale sul lavoro e per un aumento della produttività”. O se no, ecco, almeno piantiamola di chiamarli bamboccioni.
Dal 2001 le pensioni sono state anche la voce che è aumentata di più, andando a occupare una parte sempre maggiore della spesa pubblica. Il denaro che lo stato ha a disposizione però è tutt'altro che infinito, soprattutto in tempi di crisi, dunque bisogna fare delle scelte e stabilire quali sono le priorità. Così altri servizi pubblici sono da tempo costretti a convivere con poche risorse o addirittura – è il caso dell'istruzione – a subire tagli dolorosi.

Nonostante le numerose riforme, dopo la Grecia l'Italia è il paese europeo che devolve alle pensioni la fetta maggiore delle proprie risorse. Certo questo, in qualche misura, dipende dal fatto che il nostro è un paese molto anziano.
Ma conta parecchio anche la generosità del sistema pensionistico che per anni ha consentito a tantissime persone di lasciare il lavoro in estremo anticipo, per poi ricevere un vitalizio assai superiore rispetto ai contributi versati durante la propria vita lavorativa.
Quanto siano sbilanciate, le pensioni italiane, lo si capisce per esempio facendo un confronto con la Germania. Lì le persone che hanno più di 65 anni sono appena meno che in Italia, eppure la spesa pensionistica assorbe circa 9 euro ogni 100 prodotti in un anno contro i nostri 14.
E non che gli anziani tedeschi stiano male, anzi: il loro tasso di povertà è persino inferiore a quello dei nostri conterranei.

Fonte: espresso.repubblica.it

Generazione “senza pensione ” per un’Italia senza futuro

Generazione senza pensione.
Altro che millenials, generazione Y, net generation o scemenze simili. I giovani attuali – ed anche quelli che giovanissimi non sono più – possono solo ambire alla definizione di “senza pensione “. Merito di politiche pensionistiche dissennate, con i baby pensionati che anticipavano la politica degli 80 euro renziani, con favori in cambio di voti, con pensioni di invalidità concesse a chi invalido non era.
L'ITALIA NON E' UN PAESE PER GIOVANI

E poi le politiche economiche che, in nome di una flessibilità che era solo precarietà, hanno impedito a più generazioni di crearsi una base di contributi utili per avere una pensione da anziani.
Nel frattempo, per far cassa, le pensioni di chi se l’era conquistata venivano progressivamente impoverite. Per costruire l’Italia dei poveri, della manodopera disposta a tutto e senza prospettive.

Anziani disperati, giovani senza speranza. Si è precipitati dalla generazione mille euro a quella che pensa che i mille euro non rappresentino la soglia della povertà ma una conquista.
Il risultato, inevitabile, è che l’Italia va sempre peggio. A retribuzione di 600-800 euro corrisponde una prestazione lavorativa del valore di 600-800 euro.

Lo sfruttamento non garantisce qualità a basso costo, ma solo mancanza di produttività adeguata. Generazione di sfruttati, di giovani che non si creeranno una famiglia, privi di futuro.
Ma a loro il signor Bergoglio non chiede scusa per aver favorito una concorrenza spietata, assurda e criminale grazie all'arrivo di centinaia di migliaia di nuovi schiavi disposti a tutto.

Ed i soldi che mancano per favorire l’esodo dal lavoro degli occupati più anziani
, servono per mantenere le cooperative che richiamano i nuovi schiavi. Da un lato si obbligano gli occupati a lavorare sino a 67 anni, destinati ad aumentare ulteriormente, e dall'altro si vuole che se ne vadano accettando di ridursi la già magra pensione.
Devono andarsene per consentire ai giovani di entrare nel mondo del lavoro, ma con salari più bassi e minori diritti e garanzie.
Una prospettiva incoraggiante per gli uni e per gli altri.
Ma in fondo è quello che si meritano gli uni e gli altri.
Sono loro che hanno permesso a questi ministri di rovinare il Paese.
A questi ed ai loro predecessori.
E chi è causa del suo mal…


Fonte: Girarno

giovedì 21 aprile 2016

I pensionati italiani sono tra i più tassati d'Europa

Sousse, Tunisia
I pensionati italiani sono tra i più tassati d'Europa. Il 40% (circa 6 milioni e mezzo di persone) vive con meno di 1000 euro al mese e solo l'1,4% può contare su un assegno che supera i 5.000 euro.

VIDEO LA7: Noi pensionati in Tunisia per vivere dignitosamente

VIDEO LA7: I pensionati tartassati fuggono all'estero

Mai raggiunta una così elevata povertà dei nostri pensionati italiani: i più tassati d'Europa! :-(
Mai raggiunta una così elevata povertà
dei nostri pensionati italiani:
i più tassati d'Europa! :-(

martedì 19 aprile 2016

La Tunisia - (vado a vivere in Tunisia)

La Tunisia: per trascorrere un periodo di vacanza o sceglierla come terra per viverci stabilmente; storia, folklore, tradizioni, usanze, stili di vita.

PER UNA VACANZA

La Tunisia offre ai suoi visitatori un numero di attrattive innumerevoli. A partire dagli
insediamenti dell'età della pietra presso l'oasi di Kebili fino agli scenari fantascientifici di 'Guerre
stellari' di Matmata, i suoi paesaggi lussureggianti e lunari sono stati testimoni di una storia ultra
millenaria. Vi basterà trascorrere qualche giorno in questo paese per accorgervene: sognare ad
occhi aperti davanti alle gloriose rovine romane di Cartagine e El-Jem sarà un po' come
immergersi nell' 'Eneide' di Virgilio. Le strutture turistiche, abbondantemente sovradimensionate rispetto ai reali flussi turistici, fanno della Tunisia una terra particolarmente accogliente e a buon mercato. Il turismo è rimasto modesto nella gran parte del paese, e solo nella zona di Hammamet si è riuscito ad avere, negli anni scorsi, il tutto esaurito nei mesi di Luglio e Agosto. Ma dopo i moti rivoluzionari del 2011 sono state registrate abbondanti defezioni turistiche. In tutti i casi qualunque sia il vostro interesse, dalla cultura franco-araba di Tunisi alle avventure ispirate dalle sconfinate distese del Sahara, di una cosa potete essere sicuri: la Tunisia vi saprà stupire. Dopo tutto, 3000 anni di storia non sono trascorsi invano.
Tunisia
PER RISIEDERE
La Tunisia, a chi vi stabilisce l' abituale dimora (residenza), offre importanti vantaggi economici.
Infatti con gli accordi stipulati con varie nazioni, tra cui l'italia (Convenzione del 25/05/1981 n. 
388 ), è stata eliminata la doppia imposizione fiscale e con l' entrata in vigore della legge finanziaria n. 85 del 25 dicembre 2006 viene stabilita una tassazione particolarmente vantaggiosa per i pensionati stranieri residenti in Tunisia. In pratica un doppio vantaggio economico prodotto dalla tassazione ridotta e dal ridotto costo della vita in Tunisia che permettono una vita agiata anche a quei pensionati che dispongono di una modesta pensione italiana. (i dettagli in notizie utili).

SICUREZZA E ORDINE PUBBLICO
Prima di tutto occorre premettere che la televisione italiana che si segue tramite tvsat (digitale
terreste su piattaforma satellitare) ha fatto apparire delle normali manifestazioni di piazza
tenutesi a Tunisi (che nelle piazze italiane sono all'ordine del giorno) come una seconda
rivoluzione, niente di vero. I blindati e i soldati che sono stati mostrati a corredo dei servizi
giornalistici erano quelli che quotidianamente sorvegliano l'ambasciata francese (obiettivo
particolarmente sensibile dopo l'intervento nel Mali). La nostra ambasciata è vigilata da poche
guardie giurate. La situazione si può dire normalizzata anche se sono in molti a rimpiangere il
presidente deposto nel 2011 (si stava meglio quando si stava peggio). Hammamet , Monastir,
Sousse, Djerba, Sfax a sud di Tunisi  o  Biserta e Tabarka a nord si raggiungono con una comoda
autostrada a tre corsie (costo approssimativo 2 Dinari/1€ per 100  Km - Benzina 1,570 Dinari /
0,75 €cent), i cartelli stradali che sono numerosi, accurati e precisi rendono inutile l'uso del
navigatore. Da Biserta a Sousse il clima e l'orografia del territorio è uguale a quello della Sicilia
occidentale. Da Sousse fino al confine libico il territorio si trasforma fino a diventare stepposo e
desertico.

COME MUOVERSI IN TUNISIA
1) L'arrivo a Tunisi con Nave (società Grimaldi e Snav partenze da Genova, Civitavecchia,
Salerno, Palermo e Trapani) è conveniente se si viaggia con l'auto al seguito che è
particolarmente consigliata in un paese dove la benzina a 75 cent e le autostrade a pochi
centesimi, permettono di girare tutta la Tunisia a proprio piacimento.
2)  L'arrivo a Tunisi con l'aereo (Tunisair, Alitalia, sevenair partenze da Milano, Venezia, Verona,
Roma, Napoli, Palermo) é consigliato per i brevi tempi di percorrenza (1 ora e mezza) e in Tunisia
ci si può avvalere di un ottimo e validissimo servizio Taxi che qui sostituiscono i bus (sia di linea
che urbani) e i treni, I taxi sia urbani (glialli) che extraurbani (bianchi con striscia rossa o gialla o
blu) fanno servizio collettivo (multiutente) a prezzi bassissimi. (Esempio dall' Aeroporto di Tunisi
ad Hammamet 70 Dinari / 35 € da dividere per il numero dei passeggeri (otto)
3) Sia al porto che all'aeroporto c'è più di un ufficio di cambio e sportelli bancomat (vanno
benissimo Postapay, Banco posta, carte di debito, si prelevano 500 dinari con un addebito di €
246 e € 2,5 di commissione (Postamat)
4) All' arrivo occorre far vistare l'ingresso sul passaporto alla polizia di frontiera e se si arriva in
macchina occorre chiedere il permesso di circolazione per l'auto (validità tre mesi)
5) Per la lingua sempre si arrangia anche perchè molti parlicchiano l'italiano, comunque giorno
dopo giorno si imparano le frasi principali per fare la spesa, se si ha la conoscenza della lingua
francese (anche scolastico) non ci sono problemi .
6) Sicurezza: La polizia molto presente sulle strade bada esclusivamente al controllo del
territorio. I controlli alle auto circolanti sono finalizzati all'ordine e alla sicurezza pubblica e non al
codice della strada. Non esiste lo stress dei vari servizi di polizia italiani (carabinieri, polizia,
Guardia di finanza, Polizia Municipale, ausiliari del traffico) ai quali, quasi sempre, bisogna
inevitabilmente pagare dazio. Le Banche non hanno guardie armate all'ingresso, non hanno la
porta blindata con rilevatori di metallo e gli impiegati stanno dietro gli sportelli senza alcun vetro
di protezione. Comunque i migliori protettori degli stranieri sono gli stessi tunisini che nel turismo
vedono (specialmente ad Hammamet) l'unica fonte di sopravvivenza.
7) Sanità: Per i pensionati provenienti dai settori privati è possibile trasferire l'assistenza
sanitaria in Tunisia (mod.  I-TN/9) usufruendo dei servizi resi dalla C.N.A.M (Cassa Nazionale
Assistenza Malattie)., per i pensionati della pubblica amministrazione (ex INPDAP), invece,
l'accordo in  materia di assistenza sanitaria li esclude. In tutti i casi per le visite specialistiche,
accertamenti diagnostici, analisi di laboratorio e piccoli interventi chirurgici ci sono ottimi medici
di scuola francese e moderne cliniche private che erogano le prestazioni con una spesa pari a
quella che in Italia viene sostenuta per il pagamento del relativo ticket. Per i casi di maggiore
gravità e maggior impegno economico, si può sempre fare il percorso inverso e rimpatriare.
8) Banca: il conto corrente (straniero convertibile) si può aprire presso qualunque banca con sede
in Tunisia e deve essere alimentato esclusivamente con denaro proveniente dall' Italia tramite
bonifico internazionale (come la pensione o il trasferimento da conto italiano a conto tunisino) o
versamento di denaro contante portato dall'Italia e dichiarato alle autorità doganali. Il denaro
depositato sul conto tunisino si può trasferire in Italia con bonifico o con prelievi fatti presso
sportelli italiani con carta internazionale (mastercard). In pratica si riimporta il denaro
precedentemente esportato ( la moneta tunisina resta estranea al movimento). Il conto si può
aprire senza versare denaro (rilascio IBAN) sul quale successivamente si può accreditare con le
modalità anzidette. Per l'apertura del conto stranieri non residenti occorre solo il passaporto.
9) Carta di soggiorno: Con l'attestazione della Banca che dichiara il deposito (3 o 4 mila Dinari), il
solito contratto di locazione, 4 foto e la quietanza di versamento di 15 dinari si ottiene il rilascio a
vista presso il Comando di Polizia della carta di soggiorno provvisoria che verrà sostituita con
quella definitiva dopo circa tre mesi. La carta di soggiorno ha validità biennale.
10) L'iscrizione nell'anagrafe dei residenti all'estero viene richiesta presso l'ambasciata italiana a
Tunisi con: carta di soggiorno e contratto di locazione.
*Fonte: www.tunisiadavivere.org
Monastir (Tunisia)

LA TUNISIA
La Tunisia, ufficialmente Repubblica Tunisina (in arabo: الجمهورية التونسية‎, el-Jomhūriya it-Tūnisiya), è uno Stato del Nordafrica bagnato dal mar Mediterraneo e confinante con l'Algeria ad ovest e la Libia a sud e a est. Si ritiene che il suo nome, Tūnus, abbia origine dalla lingua berbera, con il significato di promontorio, o, più probabilmente, "luogo in cui passare la notte" (si può osservare la corrispondenza con un altro toponimo nordafricano dell'antichità, Tuniza, odierna El Kala, Algeria). Il francese e l'italiano sono molto diffusi, e sono utilizzati nella pubblica amministrazione, nell'istruzione superiore e nel commercio.

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